Credo che saper ascoltare sia un dono raro, prezioso e riservato solo alle persone migliori.
Per ascoltare gli altri e talvolta se stessi ci vuole l'umiltà dei grandi e la saggezza dei piccoli; sono essenziali un cuore abituato a riflettere e una mente abituata ad amare.
Ascoltare i silenzi, i mancati sorrisi, i mancati abbracci; le lacrime invisibili del cuore che a volte tracciano un solco più profondo di quelle scaturire dagli occhi.
Ascoltare le urla ovattate, quelle di uno sguardo assente, di pensieri difficili da condividere, di pensieri che aspettano di essere condivisi con il timore di essere giudicati.
Ascoltare é un pó come scrivere: talvolta serve per svuotare uno spazio pieno, talvolta per riempirne uno vuoto...
Heka & Rigel 7.2
HEKA & RIGEL 7.2
domenica 6 marzo 2016
lunedì 11 gennaio 2016
Squadra vincente non si cambia... Aspettando la sconfitta...
Squadra vincente non si cambia...
Quante volte abbiamo ascoltato o pronunciato con convinzione questo strano e a tratti bizzarro aforisma diventato per alcuni un mantra con effetti devastanti.
Affermazione paradossale se si pensa razionalmente alle conseguenze logiche che imporrebbe rispettarla: si ha diritto di cambiare solo quando la squadra non è più vincente.
Salvo alcune rare e storiche eccezioni credo sia vero l'esatto contrario: una squadra vincente dovrebbe essere sottoposta a cambiamenti lievi e costanti. In questo modo la vittoria potrebbe arrivare con soluzioni di gioco differenti, magari più stimolanti che a lungo termine potrebbero rappresentare la via maestra per nuove vittorie o banalmente rendere meno insidiose alternative di gioco, affinando i legami di gruppo e limitando le incognite.
Cambiare la squadra vincente prima che non sia più tale ed accettare tali cambi richiede e dimostra una mentalità elastica, molta sicurezza nei propri mezzi e altrettanto coraggio.
Insomma il segreto dei vincenti è cambiare prima che lo impongano le sconfitte.
domenica 10 gennaio 2016
Maurizio e Consuelo: con passione, volley
Se non vivi ciò che ami con tutta l'intensità e l'irrazionalità della passione significa che non ami abbastanza o che non hai ancora imparato a vivere veramente.
Mentre annoto queste parole sul mio solito taccuino ingiallito é appena caduto a terra il pallone che permette alla nostra Nazionale di poter ancora sperare nel sogno olimpico di Rio 2016.
Le rileggo e ho gli occhi pieni di lacrime per qualcosa di bello, straordinario, sofferto, a tratti insperato.
Sono a casa davanti alla tv ma in realtà sono ad Ankara, a saltare con quelle meravigliose ragazzine, a commuovermi insieme a loro.
Sono ad Ankara con occhi, testa, voce e cuore.
Mi ci hanno portato loro: Maurizio e Consuelo, il giornalista e la campionessa, ancora insieme telecronisti narratori di una impresa che senza le loro voci sarebbe stata senza dubbio meno suggestiva, emozionante, trascinante.
Oltre alle competenze e alla professionalità ci hanno messo, come sempre, più di sempre, il cuore. Loro sono andati oltre.
Credo che quando le corde vocali di un telecronista sono mosse dalla passione riescono a raccontare e a far vivere emozioni straordinarie, irrazionali. Riescono a far compiere in pochi istanti viaggi di ore.
Credo che in ogni attività il migliore sia quello che non apre solo il manuale ma anche, anzi soprattutto, il cuore.
Credo che ognuno di noi sappia leggere ad un bimbo una favola ma in pochi sappiano "fargli incontrare" Cappuccetto Rosso o Cenerentola
Maurizio e Consuelo, con le loro voci a tratti sofferte a tratti euforiche, comunque sempre cariche di adrenalina hanno trasmesso a molti quella passione che è l'essenza dello sport, hanno fatto vivere a me, ancora una volta, quella meravigliosa favola chiamata volley.
Grazie ragazzi.
lunedì 21 dicembre 2015
Pallavolo... con il cuore, sempre
Amica, amante, amore.
Compagna affascinate, intrigante, fedele.
Con lei ho trascorso ore, serate e notti mai uguali a loro stesse, mai banali, mai noiose.
Maestra e metafora di vita mi ha insegnato il rispetto per ogni avversario, per ogni sfida e quindi anche per me. Mi ha fatto capire il valore della tenacia, del non mollare mai, di quanto sia importante vincere e soprattutto perdere avendo dato il massimo.
Con la semplice ed autentica bellezza delle sue azioni sinuose mi ha ipnotizzato.
Con la sua effervescenza ha preso la mia vita e l’ha shakerata smuovendomi talvolta dal fondo, riportandomi a galla.
Mi ha fatto incontrare persone vere, umili, determinate diventate amici, esempi, idoli.
Mi ha fatto sorridere, urlare, commuovere, piangere quasi sempre di gioia.
Per lei ho viaggiato in Italia, in Europa trovandola sempre ed ovunque perfetta, meravigliosa, a Londra come a Rotterdam a San Vito dei Normanni come a Perugia.
Da qualche anno penso di raccontare in un libro questa immensa passione e forse nel 2016 lo farò.
O forse no perché certi amori non si possono raccontare ma solo vivere.
Con il cuore, sempre.
(da Pallavoliamo.it http://www.pallavoliamo.it/rubriche/con-il-cuore-sempre-il-volley-per-me/)
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venerdì 11 dicembre 2015
L'importante non è partecipare... (ma nemmeno solo vincere)
L'importante è partecipare. Una delle frasi che più detesto e ritengo ipocrite. La versione moderna e incredibilmente sciatta della più romantica favola di Esopo "La volpe e l'uva".
Certo, esatto... l'importante è vincere, solo vincere.
Beh, a dire il vero nemmeno questo.
Pensiamo alla vita. Possiamo vincere molte sfide ma alla fine tutti perdiamo: si comincia con le forze, talvolta la lucidità e poi, inesorabilmente, la vita stessa.
La morte è una sconfitta: con essa perdiamo quello che abbiamo conquistato con le nostre vittorie, anche quelle più nette, emozionanti, clamorose.
E allora cos' è importante? Vincere? Partecipare?
L'importante, almeno per me, è cercare di vivere ogni partita con tutto l'impegno, la dedizione, la passione possibile; lottare fino all'ultimo istante per uscire a testa a alta dal campo, qualunque esso sia.
Insomma la mia volpe ideale salta fino a rompersi le zampe anche per un solo acino. E se all'uva non ci arriva, non ha bisogno di trovare giustificazioni in fasulle frasi fatte.
martedì 1 dicembre 2015
Cara Francesca, sei un idolo ma dissento...
Ricordo ancora la prima volta in cui l'ho incontrata. E ripensandoci, a distanza di anni, mi emoziono ancora. Per raccontare il mito di Francesca Piccinini non c'è bisogno di aneddoti, racconti romanzati o ricordi nostalgici: lei è per tutti, anche per i non appassionati, l' icona del volley italiano.
Qualche anno fa i suoi occhi e quella sua tenace, bramosa ed incredibile voglia di continuare a vincere dopo aver vinto tutto, mi ispirarono una lettera che venne pubblicata perfino sulla Gazzetta dello Sport dal titolo "gli occhi lucidi della Piccinini".
Una infinita ammirazione che si è alimentata negli anni e proseguirà a prescindere dal mio dissenso sulle sue ultime affermazioni in merito alle nuove generazioni apostrofate, in post sul profilo social della pluricampionessa azzurra, come "viziate e poco rispettose".
Dissento per molti motivi.
Anzitutto perché la critica alla generazione successiva è uno degli "sport", giusto per restare in tema, più praticati e seguiti nei secoli o almeno nell'ultimo. La generazione dei nostri nonni era migliore di quella dei nostri padri, quella dei nostri padri ovviamente migliore della nostra e, per non essere da meno, la nostra indiscutibilmente meglio di quella futura. Se fosse proprio così non avremmo vissuto negli ultimi cento anni due Guerre Mondiali, Kennedy e Lennon sarebbero ancora vivi... ecc, ecc.
Credo inoltre che definire le ragazze della generazione di oggi "viziate e poco rispettose" sia ammettere che gli esempi offerti, nello sport come nella vita, appartenenti alla generazione "di ieri", non sono stati abbastanza efficaci o valorizzati. Insomma che noi, la "generazione meglio" abbiamo fallito, non siamo riusciti a trasmettere insegnamenti e valori. E per fortuna non è così.
Ciliegina sulla torta a mio parere un po' indigesta: portiamo come inconfutabile prova di questa società di arroganti e viziate l'uso viscerale di tablet e social network, causa conclamata dei mali del Mondo anche se non mi risulta che Lenin e Hitler avessero un profilo facebook o l'ultimo Iphone.
Insomma, sarcasmo a parte, a volte i giovani preferiscono il tablet a sermoni qualunquistici o semplicemente preferirebbero, ogni tanto, essere ascoltati e non solo giudicati.
Per concludere... Mi piace essere ottimista e così cara Francesca continuerò a tifare per te e per ragazze come Diof, Chirichella, Signorile (solo per citarne alcune), giovani icone del volley, nuove "ambasciatrici" di impegno, tenacia, umiltà, solarità.
lunedì 26 ottobre 2015
Buon compleanno Ragionier Fantozzi.
Di “megaditte” ne son rimaste poche ed il “consiglio dei dieci assenti” è
divenuto sempre più spesso i dieci
assenti in consiglio ma rimane, ora più di allora, la voglia di urlare che "la corazzata
Potemkin è una cagata pazzesca", forse la più efficace e popolare metafora del desiderio di ribellione e riscatto di chi subisce quotidiani soprusi.
Sono passati 40 anni ma quel ragioniere con il basco nero e i mutandoni ascellari è incredibilmente attuale, moderno.
E’ uscito dalla pellicola e vive, oggi più di allora, accanto a noi.
Oggi non sarebbe probabilmente ragioniere ma avrebbe una di
quelle lauree dai nomi strani,
eruditi, complicati che dovevano proiettarci sulla luna ed invece, ben che
vada, ci han permesso di finire a far panini in qualche fast food.
Le sue disavventure sarebbero
però le stesse: i cartellini dei colleghi assenti da timbrare,
la lotta per trovare parcheggio, la partitella aziendale, il nepotismo ed il favoritismo alla base di
improbabili assunzioni.
Diciamocelo, qualcuno
soprattutto nella Pubblica Amministrazione in questi anni si è così calato nel personaggio da uscirne, per
qualche aspetto, più convincente dell’originale ma il Ragionier Ugo resta nel
complesso inimitabile, icona attuale di un Paese che, in fondo,
non si prende mai troppo sul serio.
Con ammirazione ed un pizzico di nostalgia, buon compleanno caro Ragionier Fantozzi.
giovedì 17 settembre 2015
La pirolisi "raccontata" a Giovanni Brera: storia di malinconie...
Caro Giuan, ieri sera rileggevo
malinconico le parole poetiche che,
qualche anno fa, dedicavi al nostro
Oltrepò Pavese, la terra in cui, seppur ad anni di distanza, siamo nati e
cresciuti. Quelle colline di cui, in tempi e con modi differenti, abbiamo
entrambi cercato di raccontare la meraviglia; tu da grande giornalista, io da
semplice innamorato di questo splendido angolo di Lombardia.
«Guardo
ogni volta commosso le colline pavesi, che sono il mio dolce orizzonte di
pampini. [..]Le onde sono di intenso verde e via via si fanno violette azzurre
celesti fino a confondersi, appunto, con il cielo.»
Riflessioni che diventano una dedica
d’amore per questo straordinario mix di colori, sapori, tradizioni; questa culla di
eccellenze enogastronomiche, patrimonio prezioso di un territorio a vocazione
agricola.
Ora, caro Brera, fra queste colline
qualcuno vuole costruirci qualcosa di
strano, qualcuno dice, e forse non a torto, addirittura di orrendo.
Qualcosa che non ha nulla a che fare con noi, con il nostro
territorio, con le nostre tradizioni, con le nostre vigne e con le nostre eccellenze.
Ti parrà incredibile, strano, assurdo.
Lo è.
Ti starai chiedendo com’è possibile che accada, qui, proprio qui,
a pochi metri da un fiume, da centri abitati, in un’area verde, agricola, di
vigneti nobili e sapori intensi.
E’ la domanda chi ci poniamo in tanti.
Che abbiamo rivolto a chi ci amministra.
Non abbiamo trovato risposte ma solo
promesse che oggi hanno l’amaro sapore delle illusioni date alle masse, forse con la stupida convinzione che il tempo
possa attenuare il dissenso e lo sdegno.
Un calice amaro perché nulla è ancora
ufficialmente deciso ma solo il pensiero che quel qualcosa di così strano,
assurdo, si possa realizzare provoca in
molti un brivido lungo e impensato.
Caro Giuan, qualche anno fa hai
scritto: «Io guardo le mie colline e ne
sorseggio sovente il vino per non dubitare dei miei maestri.»
Forse la verità è che i maestri,
quelli che insegnavano il rispetto per le tradizioni, le radici, il futuro; l’amore per la natura, per l’ambiente, per la propria terra e per la vita, sono solo un
malinconico ricordo.
martedì 15 settembre 2015
Il mio amico Gigi Poma fra ironia ed affetto.
Non c'é dubbio: se uno dei due fosse stato una donna ci saremmo innamorati, sposati, separati prima di sposarci e poi di nuovo sposati. Sarebbe stato un matrimonio intenso di quelli dove un istante ti ami e in quello dopo ti tiri il servizio della nonna per poi raccogliere insieme i cocci fra le coccole. Beh, esco dalla metafora perché immaginarci vicini, sul divano con le babbucce, é abbastanza raccapricciante anche senza pensare di fargli le coccole.
Preferisco pensarci la, dove siamo stati per anni, in quel palazzetto in via Treves, alla periferia di Pavia, a condividere sorrisi, lacrime, gioie, emozioni e sogni. A litigare, certo, perché due come noi litigano un pó su tutto ma sanno rispettarsi, ascoltarsi e se si mandano a quel paese, prima o poi l'altro lo raggiunge.
Mi deve, da ben 12 anni, una maglietta di pallavolo; il pretesto, con cui in un giorno di agosto dell'anno 2003 mi fece incontrare il volley.
Gli devo il merito di avermi fatto innamorare di uno sport meraviglioso (e di qualcuna delle sue protagoniste!;-)).
Ironico, sarcastico, vanitoso (e adesso starà pensando "chi io?") e al tempo stesso incredibilmente umano.
Antipatico, per chi preferisce definirlo così anziché riconoscergli i meriti sportivi ed umani di aver portato una cittadona di Provincia e la sua gente nell'Olimpo del Volley.
Con la sua cocciutaggine, va beh, chiamiamola intensa tenacia e appassionata vitalità ;-), ha vinto tante partite importanti dentro e soprattutto fuori dal campo. Già perché uno come lui non molla mai. Per fortuna.
Ora torna in campo, con un nuovo progetto sportivo e ne sono fottutamente contento perché la pallavolo a Pavia senza lui era più triste di Kripstac e Petrektek, la coppia polacca di Zelig.
Battute a parte, grazie e bentornato Dottore.
lunedì 14 settembre 2015
Sognando Rotterdam: fra speranze e scaramanzia
3 ottobre. Mancano 19 giorni. Un po' troppi per essere già pronto a partire, un po' troppi per essere già in eccesso di adrenalina, per avere già piegato minuziosamente la mia storica sciarpa azzurra sul comodino!
Sarà il desiderio di vivere un'altra emozionante avventura europea dall'intenso sapore di volley, sarà la voglia di farsi trascinare dalla bellezza di uno sport meraviglioso, di urlare, commuoversi, saltare sulla poltroncina, di rivedere quella maglia azzurra...
Si perché sabato 3 e domenica 4 ottobre a Rotterdam, in Olanda si giocheranno rispettivamente semifinali e finali dell'europeo di volley femminile e, a Dio piacendo, ci sarò anzi ci saremo (#grandeGaspa!, la mia paziente "coinquilina"!)
Non sarà la prima finale (e mi auguro nemmeno l'ultima) anzi...
Olimpiade a Londra, Europeo 2013 a Berlino, Mondiali a Milano, Coppa di Francia a Parigi, Coppa dei Campioni a Perugia e Cannes (delle finali nazionali ho perso ormai il conto..) ma quella di Rotterdam ha un fascino particolare.
Anzitutto torno, dopo 21 anni, in Olanda un paese che mi ha sempre affascinato moltissimo e in cui per anni ho sognato di vivere: un mix di storia, natura, cultura, design ed arte molto simile all'Italia (anche se il nostro Paese resta Unico ed ineguagliabile) ma con una "gestione" in freddo, silenzioso e talvolta piacevole stile nordico.
La trasferta sportiva ci offre poi il pretesto per un altro viaggio insieme, che seppur breve, ci permetterà, almeno spero, di vedere mano nella mano un altro spicchio d'Europa, di gustare fianco a fianco assaggi di un'altra cultura, di un differente, per quanto europeo, stile di vita e, non da ultimo, di sorridere, come di consueto, alla "maccheronica" lettura del menù' in lingua locale. Insomma vivere quei momenti che ti fanno sentire veramente vivo.
E poi... i pronostici che per scaramanzia, questa volta più di altre, non menzionerò.
Per le ragazze della nostra Nazionale la prima fase del torneo sarà tosta, con un sorteggio che ci ha riservato un girone ostico: le padrone di casa dell'Olanda, la temibile incognita Polonia e il sestetto della Slovenia a fare da eventuale sgradita sorpresa. Passano alla fase successiva le prime 3 ma chi arriva prima nel girone vola diretta ai quarti e, sulla carta, ha una strada più facile. Ammesso che nello sport ci sia qualcosa di facile.
Pronostico di podio? Russia e Germania.
Come dite? il podio ha tre gradini?
Lo so...e magari il gradino più alto l'ho solo pensato....
Con il cuore, sempre.
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